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GRATEFUL DEAD – BUILT TO LAST arista 210326 LP 1989 GER

29,00

1 disponibili

Descrizione

PREMESSA: LA SUPERIORITA’ DELLA MUSICA SU VINILE E’ ANCOR OGGI SANCITA, NOTORIA ED EVIDENTE. NON TANTO DA UN PUNTO DI VISTA DI RESA, QUALITA’ E PULIZIA DEL SUONO, TANTOMENO DA QUELLO DEL RIMPIANTO RETROSPETTIVO E NOSTALGICO , MA SOPRATTUTTO DA QUELLO PIU’ PALPABILE ED INOPPUGNABILE DELL’ ESSENZA, DELL’ ANIMA E DELLA SUBLIMAZIONE CREATIVA. IL DISCO IN VINILE HA PULSAZIONE ARTISTICA, PASSIONE ARMONICA E SPLENDORE GRAFICO , E’ PIACEVOLE DA OSSERVARE E DA TENERE IN MANO, RISPLENDE, PROFUMA E VIBRA DI VITA, DI EMOZIONE E  DI SENSIBILITA’. E’ TUTTO QUELLO CHE NON E’ E NON POTRA’ MAI ESSERE IL CD, CHE AL CONTRARIO E’ SOLO UN OGGETTO MERAMENTE COMMERCIALE, POVERO, ARIDO, CINICO, STERILE ED ORWELLIANO,  UNA DEGENERAZIONE INDUSTRIALE SCHIZOFRENICA E NECROFILA, LA DESOLANTE SOLUZIONE FINALE DELL’ AVIDITA’ DEL MERCATO E DELL’ ARROGANZA DEI DISCOGRAFICI .

GRATEFUL DEAD 
built to last

Disco LP 33 giri , 1989, arista records / BMG , 210 326, germany , first pressing

OTTIME CONDIZIONI, vinyl ex++/NM,  cover ex++.

Ultimo lavoro assoluto in studio per i Grateful Dead, un dischetto senza infamia e senza gloria con la metà dei brani composti dall’umanamente eccessivo ma musicalmente moderato Brent Mydland che sarebbe malauguratamente schiattato di lì a poco: l’ LP sprigiona un sound quasi rilassato, a tratti anche un pò stitico e poco impegnativo, che potrete ascoltare anche quando lavate i piatti, fate il bucato o chiusi a chiave in cantina mentre preparate il freebase

Built to Last is the thirteenth and final studio
album
by the Grateful Dead. It was recorded between
February 1 and October 20, 1989 and originally released on October 31,
1989.

The album was released in 1989 by Arista Records before being rereleased in 2000 by BMG
International.

This album features the most songs by keyboard player Brent
Mydland
, who has four song credits in collaboration with Dead
lyricist John Perry Barlow. This mirrored
accurately Mydland’s increasing vocal presence in the band over the
decade he spent with the Dead. His death less than a year later would
prove to end the Dead’s studio album tenure.

Supporto:vinile 33 giri
Tipo audio
: stereo
Dimensioni
: 30 cm.
Facciate
: 2
Laminated sleeve / copertina laminata ,   original picture + credits 
inner sleeve

Those who believe the notion that the Dead is not a studio band are
missing some great music. If a group of creative and dynamic musicians,
with several strong songwriters, who have been playing together over 20
years, can’t produce some great studio music, they’re probably not such
a hot band. Such is not the case here. One doesn’t need the ambiance
of a concert hall or dope to enjoy the Grateful Dead. I’ve enjoyed
almost all their studio efforts for years and “Built to Last” doesn’t
disappoint. By comparison with their later efforts, it’s much better
than “In the Dark.” And if you like “Go to Heaven” (I do), you’ll like
this one too.

Brent Mydland, the band’s greatest and sorely missed
keyboardist, takes a larger role on “Built to Last,” writing four of the eight songs. His songs are great. “Blow Away” soars with its majestic
sounding keys and Garcia’s incredible tonal solos. Garcia’s “Foolish
Heart” and “Standing on the Moon” are a couple of his best songs. Weir
adds edge with “Victim or the Crime” and “Picasso Moon.”

Instrumentally,
Garcia is in great form on all the songs. Mydland’s keyboards add
color throughout–like the band seldom had before he joined.

Brani / Tracks

Side 1

  1. “Foolish Heart” (Garcia, Hunter) – 5:10
  2. “Just a Little Light” (Barlow, Mydland) – 4:41
  3. “Victim or the Crime” (Graham, Weir) –
    7:33
  4. “Standing on the Moon” (Garcia, Hunter) – 5:20

Side 2

  1. “Blow Away” (Barlow, Mydland) – 6:09
  2. “Picasso Moon” (Barlow, Bralove, Weir) – 6:40
  3. “Built to Last” (Garcia, Hunter) – 5:03
  4. “I Will Take You Home” (Barlow, Mydland) – 3:44

Personnel

Supposedly, the Dead had broken their studio jinx with In
the Dark
and finally learned how to make good albums without an
audience in front of them. So why was this follow-up such a letdown?
Perhaps because they hadn’t taken seven years to write and perfect new
material as they had with the previous album. The dominant songwriter
here was keyboard player
Brent
Mydland
(who died the following year), while the crucial
songwriting team of
Garcia
and
Hunter
contributed only minor efforts. Chastened, the Dead once again
retreated from studio work.

I
Grateful Dead sono la più longeva tra le formazioni di rock
psichedelico nate negli Stati Uniti negli anni ‘Sessanta, capace di
regalare ai loro numerosi fan (chiamati “deadheads”) strepitosi
concerti dal vivo. Il primo nucleo della band si forma nel 1963 attorno
a Jerome John “Jerry” Garcia (1942, San Francisco – 1955, Forest
Knolls, California, Stati Uniti; banjo, chitarra e voce), Ron “Pigpen”
McKernan (1945, San Bruno, California, Stati Uniti – 1973 San
Francisco; voce, tastiere e armonica) e Robert Hall “Bob” Weir (1947,
San Francisco; voce e chitarra).

La passione per il bluegrass di Garcia spinge la formazione di nome
Mother McCree’s Uptown Jug Champions a ispirarsi alla musica delle
radici prima di assumere il nome di Warlocks quando, nel 1965, in
organico arrivano il batterista Bill Kreutzmann (1946, Palo Alto,
California, Stati Uniti) e il bassista Philip Chapman “Phil” Lesh
(1940, Berkeley, California, Stati Uniti).

Il repertorio
abbraccia brani di ispirazione rock e blues e il gruppo si ribattezza
The Grateful Dead (dal nome di una preghiera dell’antico Egitto)
cominciando a esibirsi durante gli “Acid Test” di Ken Kesey, veri e
propri happening multimediali in cui vengono sperimentati gli effetti
delle nuove droghe sintetiche (LSD su tutte) sulla creatività e la
percezione degli individui.

La nuova, quinta
dimensione eleva la musica a lunghe improvvisazioni, dilatando le
atmosfere e contribuendo a definire un genere ibrido, psichedelico e
imprevedibile in cui spaziare senza limitazioni.

I concerti dei Dead
sono eventi. In breve l’entourage del gruppo si espande fino a
diventare una numerosa comune hippie, domiciliata al 710 di Ashbury
Street, uno stabile nel cuore di San Francisco.

Quando nel 1967 esplode il fenomeno del flower power e sboccia la
Summer of Love, i Grateful Dead sono ormai un gruppo di punta del nuovo
movimento musicale californiano. Sono una grande famiglia hippie, a cui
appartengono anche il grafico Rick Griffin e il chimico-tecnico del
suono-factotum Owsley Stanley, e a cui si aggiungono un secondo
batterista, Mickey Hart (1950, Long Island, New York), e il paroliere
(amico di vecchia data di Garcia) Robert Hunter (1938, Stati Uniti).
Un contratto con la Warner Bros. consente loro di approdare all’album d’esordio The Grateful Dead
(marzo 1967), che non cattura tuttavia l’essenza del loro variopinto
stile. Le cose vanno meglio con l’arrivo del tastierista Tom Constanten
per Anthem Of The Sun (luglio 1968) e Aoxomoxoa (giugno
1969), due tra gli album-manifesto del periodo dorato della musica
californiana e del rock psichedelico, in cui prevalgono lunghe
composizioni all’insegna della improvvisazione più libera e allucinata.

È però dal vivo che la band dà il meglio (una costante di tutta la carriera): testimonianza ne è Live/Dead
(novembre 1969), mitico doppio live illuminato da una visionaria
versione di 23 minuti di “Dark Star” (uno dei cavalli di battaglia di
tutta la loro storia), che ben ne rappresenta la vibrante attitudine
psichedelica. La loro presenza nei maggiori festival di fine anni ’60
(dal Monterey Pop Festival a Woodstock) li rende un simbolo del
perpetuarsi dello spirito di quel periodo anche negli anni seguenti.

I due splendidi Lp del 1970 Workingman’s Dead (maggio) e American Beauty
(novembre) segnano un cambiamento di rotta verso atmosfere più
acustiche, legate alle radici: le solari ballate sono guidate da
melodie più riconoscibili (“Uncle John’s Band”, “Casey Jones”, “Black
Peter”, “Truckin’, Ripple”) e contribuiscono ad allargare sensibilmente
il seguito della band.

L’attività dal vivo è ormai primaria e nel giro di poco tempo escono infatti due live: Grateful Dead Live (ottobre 1971, doppio, originariamente chiamato “Skull Fuck”, titolo poi bocciato dalla casa discografica) e Europe ’72
(novembre 1972): quest’ultimo triplo segna l’ingresso in organico del
tastierista Keith Godchaux (1948, San Francisco – 1980, Marin County,
California, Stati Uniti) assieme alla moglie Donna (1947, San
Francisco) in sostituzione dei dimissionari Constanten e Ron “Pigpen”
McKernan (quest’ultimo, fortissimo bevitore, muore l’8 marzo 1973 per
una malattia al fegato).

Proprio a Pigpen è dedicato History Of The Grateful Dead Vol. 1 (Bear’s Choice),
raccolta dal vivo contenente materiale inciso nel ’70. Il titolo è
ingannevole: non vuole essere un’antologia e, in più, non viene seguito
da alcun vol. 2. Il “Bear” citato è Owsley Stanley.

Nel 1973 si esibiscono con straordinario successo di pubblico, insieme a The Band e The Allman Brothers Band al festival di Watkins Glen, ma nonostante il memorabile evento, il successivo album Wake Of The Flood – il primo inciso per la neonata, personale etichetta “Grateful Dead” – mostra una pur leggera stanchezza creativa.

I primi anni ’70 sono caratterizzati da un’intensa attività
solistica di tutti i musicisti del gruppo, impegnati in prove
discografiche e numerose collaborazioni di altalenante rilevanza. Tra
tutti spicca Garcia (gennaio 1972), in cui sono contenuti brani
memorabili che in breve entrano a far parte anche del repertorio live
della band (“Bird Song”, “Sugaree”, “Loser”, “To Lay Me Down”).

Nonostante un breve ritiro dall’attività concertistica (1974-1976), per tutti gli anni ’70 il gruppo confeziona album quali Grateful Dead From The Mars Hotel (giugno 1974), Blues For Allah (settembre 1975), Terrapin Station (luglio 1977), Shakedown Street (novembre
1978), che lasciano perplessi perfino i più ferventi ammiratori, a
testimonianza di un periodo poco ispirato. Nel 1977 esce anche What A Long Strange Trip It’s Been, una doppia antologia del periodo Warner (1967-1972).

I concerti continuano a essere la forza principale della band, che
nel 1978 arriva addirittura a esibirsi in Egitto: la magia
dell’avvenimento all’ombra della Grande Piramide viene ulteriormente
accentuata da un’eclissi lunare. Il concerto è interamente registrato,
ma non viene mai pubblicato.

Nel 1979 i coniugi Godchaux abbandonano (Keith muore il 14 luglio
1980 in un incidente d’auto) e l’ingresso del tastierista Brent Mydland
(1953, Monaco, Germania – 1990, Lafayette, California, Stati Uniti)
rivitalizza l’impianto sonoro della band, che con Go To Heaven
(aprile 1980) torna a produrre un buon album di studio. Una serie di
interminabili concerti al Radio City Music Hall di New York e al
Warfield Theatre di San Francisco fruttano materiale per due ottimi
doppi live pubblicati l’anno seguente (l’acustico Reckoning e l’eclettico Dead Set) e un film-concerto pubblicato (nel 1982) anche in videocassetta (Dead Ahead Live).

Negli anni 80 si dedicano quasi esclusivamente ai concerti,
limitando le uscite discografiche ai progetti solistici. Nel gennaio
1985, Garcia viene arrestato al Golden Gate Park di San Francisco per
possesso di eroina e nel luglio 1986, 15 mesi dopo un intenso programma
di cura disintossicante, collassa per cinque giorni rischiando la morte
per coma diabetico dovuto all’abuso di stupefacenti. Ma nel 1987 è di
nuovo alla guida del gruppo per In The Dark (luglio 1987),
brillante prova in studio che, grazie all’hit single “Touch Of Grey”,
sarà l’unico loro album a far registrare una significativa presenza
nelle classifiche americane. Tutto ciò mentre i Dead suonano da backing
band per Bob Dylan (esperienza da cui scaturirà il criticato Dylan & The Dead).

Alla fine degli 80 vengono attribuiti numerosi riconoscimenti a
Garcia, che si rivela attivissimo anche con altre formazioni: la
critica evidenzia gli ottimi album dal vivo Almost Acoustic (dicembre 1988) attribuito alla Jerry Garcia Acoustic Band e Jerry Garcia Band (1991), quest’ultimo impreziosito da estese versioni di brani di Bruce Cockburn, Bob Dylan, Smokey Robinson, The Beatles, The Band, Los Lobos e altri.

L’ultima, deludente prova in studio del gruppo è Build To Last (ottobre 1989), a cui fanno seguito il buon live Without A Net (settembre
1990, contenente un’accattivante versione di “Dear Mr.Fantasy” dei
Traffic) e una serie di pubblicazioni dal vivo emesse dalla loro
etichetta: si tratta delle registrazioni dei migliori concerti
ritrovati negli archivi e, tra tutti, vanno ricordati One & Two From The Vault (aprile 1991) e la nutrita serie Dick’s Picks. Altre imperdibili pubblicazioni ufficiali dal vivo sono Hundred Year Hall (settembre 1995, doppio cd con un concerto del 1972 dallo stesso tour da cui è estratto Europe ’72) e Dozin’ At The Knick (ottobre 1996, triplo CD tratto dal tour del 1989-1990).

Il 26 luglio 1990, a causa di un’overdose di cocaina e morfina,
muore il tastierista Brent Mydland, sostituito nelle esibizioni dal
vivo da Bruce Hornsby (1954, Richmond, Stati Uniti) e dall’ex-Tubes
Vince Welnick (1952, Phoenix, Arizona, Stati Uniti): Ma la parola fine
all’avventura Grateful Dead viene posta il 9 agosto 1995, quando Jerry
Garcia viene trovato morto nella clinica di disintossicazione Serenity
Knolls a Forest Knolls (California), in seguito a un attacco cardiaco.

Arista Years (1996) è un doppio CD antologico con brani tratti dagli album prodotti tra il 1977 e il 1990.

Jerry Garcia lascia una gran quantità di materiale inedito di
stampo folk inciso con l’amico mandolinista David Grisman (è di rara
bellezza il postumo Shady Grove). Il chitarrista lascia anche
un piccolo ma altamente remunerativo impero (conteso a suon di udienze
legali dalle due ex-mogli) costituito da linee di abbigliamento e
svariati oggetti marchiati “The Grateful Dead”.



(tratto da La Storia del Rock)

[Immagine: thegratefuldeadphoto5.jpg]

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