Descrizione
SCHTROUMPF
les cahiers de la bande dessinée n. 25
SPECIAL JEAN GIRAUD
(dossier Jean Giraud)
éditions Jacques Glénat , France , 1974
FRENCH
ORIGINAL 1974 ISSUE
ÉDITION
FRANÇAISE ORIGINALE DU 1974
EDIZIONE ORIGINALE
FRANCESE DEL 1974
Pregevole e importante collana francese fondata dall’ editore parigino Glenat quando era ancora uno studentello sbarbato e squattrinato che vendeva le proprie fanzine strilloneggiando per il quartiere latino, e
a pranzo invece del potage aux escargots mangiava minestrina di ceci e
fave , mentre a cena al posto dei vol-au-vent aux champignons e della
omlette aux pommes-de-terre c’era il solito pane e cicoria , mentre per
brindare e sbronzarsi ,in mancanza di veuve clicquot e beaujolais, si
poteva permettere appena chinotto e spuma al cedro, corretti opportunamente con assenzio grezzo o alcool denaturato.
Il titolo stesso della fanzine (Schtroumpf , l’originale e impronunciabile accezione originale in languedoc degli omini blu divoratori di salsapariglia creati da Peyo e più noti qui da noi come i Puffi) è una deferente e riverita citazione oltre che un palese e doveroso omaggio ad un mito onanistico della sua adolescenza e della sua maturazione sessuale, e la serie pubblica eccellenti e accurate monografie di approfondimento critico , analisi, bibliografia, aneddotica e storia del fumetto, con un ricco ed esauriente corredo di materiali di documentazione come illustrazioni, foto, tavole, storielline brevi ecc
Ogni uscita è in definitiva uno speciale interamente dedicato a un autore.
Stavolta è di scena il camaleontico e schizofrenico Jean Giraud , in riferimento naturalmente alla prima fase della sua carriera, fino alla metà del 1974, ovvero quando si firmava ancora prevalentemente Gir (solo in rarissime e particolari occasioni Moebius) ed era noto soprattutto per i dettagli accellerati e ritmati e le carrellate movimentate e febbrili delle abbaglianti tavole di Blueberry, prima di dissociarsi definitivamente insieme agli altri tre umanoidi, talora per ragioni di smanceria oppure per questioni di opportunità, o per la convergenza di entrambi i fattori
Autore all’ epoca già celebrato, applaudito, incensato, osannato e insignito, si rivela anche procedendo a ritroso una continua ed inquietante sorpresa ed una imprevedibile e sbalorditiva incognita, da sempre in bilico e tentazione tra il classico e l’ indefinito, l’ ortodossia e l’ evanescenza, la sacralità e l’ eresia, il tradizionale e il poliedrico, il conforme e lo sfaccettato, in balia di molteplici influenze e citazioni attinte da ogni genere letterario e mediatico: dal western mediterraneo e iperrealista e dalla SF ironica e paradossale, dalla cultura underground e dalla letteratura più infima e popolare come le barzellette sui carabinieri e i giornalini di donne nude.
Âgé de 15 ans, Jacques Glénat crée en 1969 le fanzine Schtroumpf, dans lequel il publie une interview d’auteur et divers articles. En 1972, il professionalise le fanzine, qui devient Schtroumpf – Les Cahiers de la bande dessinée, et accueille les contributions d’autres amateurs de bande dessinée, avec un septième numéro consacré à Jean-Claude Mézières.
Au fil des parutions, les grands auteurs franco-belges célèbres (André Franquin, Peyo, Hergé, Jacques Martin, etc.) ou plus oubliés (Pierre Dupuis, Raymond Reding, François Craenhals, etc.) sont tous traités. À partir du 24e numéro le fanzine s’ouvre lentement aux auteurs contemporains (Claire Bretécher, Alexis,
etc.), tout en continuant à assurer principalement une fonction
patrimoniale. Entre 1976 et 1979, Glénat a édité un fanzine mensuel
d’actualité, Schtroumpfanzine, reprenant l’esprit du fanzine originel.
La revue a un fonctionnement particulier qui cause au début des
années 80 un certain essoufflement. En effet, il n’y a pas d’équipe de
rédaction (Jacques Glénat ne se consacre plus qu’à sa maison
d’édition) : chaque numéro dépend d’un rédacteur, qui interview l’auteur
phare et réunit divers textes auprès de collaborateurs plus ou moins
réguliers (dont le principal est Henri Filippini). Or, après 50 numéros, la plupart des grands auteurs franco-belges ont fait l’objet d’un dossier, et si Thierry Groensteen, qui dirige quatre des cinq derniers numéros de la formule, s’ouvre vers l’étranger (Willy Vandersteen et Guido Crepax), la formule ne satisfait plus personne.
SOCIÉTÉ DES ÉDITIONS JACQUES GLÉNAT , LUGLIO / JUILLET 1974, RIVISTA SPILLATA IN BIANCO E NERO, FANZINE AGRAFÉE SUR LA BANDE DESSINÉE , NOIR ET BLANC, SOFTCOVERED COMIC BOOK FAN MAGAZINE, BLACK & WHITE, 52 PAGINE , FORMATO / SIZE CM. 21×29,7
CONDIZIONI MOLTO BUONE mancano le spillette di rilegatura / MOYEN ETAT manquant des agrafes au dos / GOOD CONDITION
Jean Giraud
![]() |
Nom civil : alias Gir alias Moebius Né le 08/05/38 à Nogent-sur-Marne (Français) Scénariste-Dessinateur Giraud passe son enfance à Fontenay-sous-Bois, dans la banlieue Est de Paris, chez ses grands parents. Très En 1954, à l’âge de 16 La même année, il quitte la France pour le Mexique, où il séjournera huit mois durant. A son retour en France, il continue à collaborer à diverses revues mais sa rencontre avec Jijé en 1958 sera déterminante. Pendant un an, il travaille avec lui et participe à la création d’un épisode de Jerry Spring, La route de Coronado (1960). D’un autre côté, il travaille comme illustrateur pour Hachette et son Histoire des Civilisations. C’est La rencontre avec Jean-Michel Charlier En 1965, Giraud retourne au Mexique et séjourne également aux Etats-Unis. A A Partir de 1973, Moebius éclate enfin, dans Ce |
Jean Giraud(Moebius, Gir)(b. 8/5/1938, France) |
![]() from Blueberry’s Stardom, by Jean Giraud, 1994 |
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![]() Juanita (Ames Vaillantes, 25/5/1958) |
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![]() Blueberry – Le Cheval de Fer (1970) |
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![]() Blueberry – Nez Cassé (1980) |
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![]() Jim Cutlass |
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Moebius |
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![]() L’Étoile |
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![]() Histoires de X |
Chi è Moebius
Di
lui dicono: è il Picasso
del fumetto. Moebius, al secolo Jean Giraud,
conosciuto anche come Gir, è un grande maestro visionario, un artista
che ha saputo dipingere con straordinaria efficacia l’immaginario
di fine millennio. Molti critici lo definiscono l’artista che
ha cambiato il look alla fantascienza.
Sessant’anni, riservato, gentilissimo, Moebius ha legato il suo nome a
un certo modo di interpretare il fumetto fantastico, esprimendolo
attraverso tavole assolute, misteriose, metafisiche, simili a finestre
spalancate su mondi
e su dimensioni aliene.
Nella sua lunga carriera è stato illustratore, scenografo, collaboratore
di progetti cinematografici (ultima fatica, Il Quinto Elemento
di Besson), autore di animazioni al
computer e, non ultimo, sceneggiatore.
Moebius è un artista totale, che ha sempre vissuto da protagonista gli
stimoli del suo tempo; egli è l’archetipo del virtuoso disegnatore per
propria scelta, l’esempio perfetto da citare in una discussione
contro chi pretende che il fumetto sia solo un balocco per bambini.
Moebius ha dimostrato che si tratta invece di un’arte:
il fumetto, nelle sue mani, è stato un mezzo espressivo,
come lo spartito per Mozart, la tavolozza per Matisse, il marmo
per Michelangelo. Egli lo ha scelto e utilizzato mirabilmente,
come un linguaggio. Attraverso la matita, il suo talento si è
condensato sulla carta come rugiada.
Biografia
Jean Giraud nasce l’8 maggio 1938 a Nogent sulla Marna.
Da tenera età frequenta una scuola dal motto seducente:
“Se sai scrivere, sai disegnare”.
Nel 1954 inizia a interessarsi di arti applicate. L’anno
successivo illustra alcuni numeri della rivista Fiction.
Le sue prime strisce appaiono sulle riviste Far-West, Sitting
Bull, Fripounet e Marisette.
Nel 1961, su richiesta di Jijé, disegna
parte de La Route de Coronado, un episodio del serial Jerry
Spring. Due anni più tardi Jijé gli restituisce la cortesia
partecipando al primo volume di una nuova serie, Fort Navajo,
di cui Giraud firma la copertina.
Questo western, meglio conosciuto da allora in poi con il nome del suo
eroe, il Tenente Blueberry, viene
pubblicato a puntate sul settimanale Pilote.
Ne è sceneggiatore Jean-Michel Charlier.
Blueberry
diviene il primo grande successo di Giraud, e lo rende noto al
grande pubblico. Si tratta di un classico fumetto di genere western,
incentrato sulle avventure di un ottocentesco tenente di cavalleria
dell’esercito degli Stati Uniti. Nonostante il taglio “classico”,
qualcosa già lascia intravedere il genio: a differenza
dei fumetti western dello stesso periodo, Blueberry ha
un’impostazione più dinamica, un taglio delle vignette
sensibilmente cinematografico. L’idea è di rifarsi
ai film d’azione perché, come dice lo stesso Giraud, –
Per la mia generazione i film, specie i film americani, erano
sinonimo di cultura, d’arte totale, di filosofia.
Nel 1973 Giraud comincia a firmare
i suoi lavori con pseudonimi. In particolare, firma Gir
alcuni episodi di Fort Navajo e di La Déviation,
una storia dal tema più adulto e dalla lavorazione grafica
più perfezionata. Dopo quasi un decennio di disegno “convenzionale”,
Giraud sente però che la sua espressione personale si sta facendo troppo
angusta. – Stavo cercando qualcosa che mi permettesse di mantenere
contatti con il resto dell’universo – dice l’artista,
ripensando a quel periodo.
Quel qualcosa è un taglio radicale rispetto al disegnare
cowboy e indiani delle Grandi Praterie. All’improvviso, Giraud
scopre l’underground americano, Robert Crumb, il jazz, e capisce
che “The times, they are a-changing“. Decide
così di cercare la sua via personale all’espressione, e
diventa Moebius. Col nuovo pseudonimo
(richiamante lo scienziato ideatore del nastro omonimo), Giraud comincia
a firmare illustrazioni fantastico-oniriche per riviste francesi. Poi,
nel 1975, si imbarca nell’avventura Metal Hurlant.
Questa rivista-culto (nota anche
negli Stati Uniti col nome di Heavy Metal) è la
fucina di quell’avanguardia figurativa che tra gli anni
Settanta e gli Ottanta sconvolge l’universo del fumetto
francese e poi europeo. Una scuola di disegnatori si batte in
quegli anni contro l’egemonia degli sceneggiatori, che
pretendono le storie a fumetti come “una casa con una porta
per entrare”. Perché invece non immaginare una storia,
come dice lo stesso Moebius, “a forma d’elefante,
di campo di grano, o di fiammella di cerino?”
Rompere con la tradizione, per i pionieri di Metal Hurlant
(facciamo i nomi di Philippe Druillet, Jean-Pierre Dionnet e Bernardo
Farkas) significa scomporre la narrazione, far esplodere l’ordine
sequenziale per costruire
non più trame sensate ma immagini, atmosfere, mondi, rinunciando
ai legami logici tra vignetta e vignetta in favore di perturbanti
visioni di alterità, di geometrie pure dipinte di non-colori.
Trasgressione, per gli adepti di Metal Hurlant, è
anche fabbricare un linguaggio visivo, sostituire alla materialità
degli eventi il raffinato racconto del non-essere.
In Metal Hurlant i lettori francesi, e poi di tutto il mondo,
scoprono in Moebius non solo un abile disegnatore e narratore
di storie, ma anche un genio artistico. Moebius appare su questa
rivista di culto con il personaggio di Arzach,
e poi con
il serial Le Garage Hermetique (il
Garage Ermetico), due terremoti che scuotono il mondo del fumetto
d’oltralpe.
The Long Tomorrow, una storia scritta da Dan O’Bannon e disegnata
da Giraud, appare su Metal Hurlant nel 1977. In questo fumetto vi è una
visione distopica dell’ambiente urbano che si può descrivere in
due sole parole: Blade Runner.
In quello stesso anno, Giraud incontra Alexandro
Jodorowsky, regista cileno (autore tra l’altro de La
montagna incantata). Jodorowsky ha in programma di adattare al
cinema il capolavoro
di Frank Herbert, Dune, e chiama Giraud
per disegnare la scenografia del suo film. Il progetto fallisce, ma la
coppia Jodorowsky/Mobius si riforma nel 1978 per Les Yeux du Chat.
Nel 1980 Giraud e Jodorowsky realizzano L’Incal noir (L’Incal
nero, vedi prossimo paragrafo), il primo volume delle Avventure
di John Difool.
Nel 1984 Giraud si stabilisce negli Stati Uniti. Qui offre
un’interpretazione
personale di Silver Surfer, il
supereroe galattico di Stan
Lee. Nello stesso tempo ha modo di collaborare con James
Cameron (al quale da il suo contributo per Abyss) e
Ron Howard (con il quale realizza alcuni
personaggi di
Willow).
Negli anni 80, Giraud crea set e
costumi per film di animazione, e nel 1985 viene insignito della
più alta onorificenza francese per meriti culturali e artistici
dal presidente Francois Mitterand.
Nel 1992 ritorna in Europa, dove ritrova Alexandro Jodorowsky,
di cui disegna il romanzo Le Coeur couronné. Due
anni dopo lo stesso Jodorowsky mette in versi, con un lungo poema
esoterico, una serie di disegni erotici di Moebius.
L’Incal
Fumetto dal carattere esplicitamente
mistico, L’Incal racconta le avventure di John
Difool,
detective privato di classe “R” e dei suoi compagni
(il fedele gabbiano Deepo, l’amata Animah, Raimo, il Meta-Barone
e una torma di personaggi minori).
Il mondo di John Difool è
un lontano futuro, un’epoca barocca di alta tecnologia e di grandi
contraddizioni. L’universo conosciuto (la razza umana si è
diffusa per la Galassia, imbattendosi in specie aliene semi-senzienti
e in nuove raffinate culture) è minacciato da un’entità
malvagia e quasi onnipotente conosciuta col nome di Tenebra.
Per fronteggiare il pericolo, una forza mistica dormiente da millenni
si risveglia, incarnandosi in due donne-custodi (Animah e Tanatah)
e in un cristallo dai misteriosi poteri (L’Incal, appunto). John
Difool viene scelto, tra tutti i mortali, per generare (insieme
ad Animah) l’Essere Supremo, la creatura destinata a salvare il
cosmo: l’androgino Solune.
Raccontare in dettaglio la trama
de L’Incal (complessa, ricca di storie parallele, di colpi
di scena, di comparse intriganti) è oltre lo scopo di questo
articolo. Ciò che preme è sottolineare la straordinaria
valenza grafica di questo fumetto: Moebius riesce, nelle tavole
dell’Incal, ad affinare il suo linguaggio visivo poco a poco,
e a raggiungere gradatamente, quasi senza che il lettore se ne
renda conto, vette di inaudita bellezza, dimostrando che l’arte
visionaria che cercava all’inizio del suo cammino forse non era
ancora definita, ma già abitava in fondo a lui.
L’Incal
è dimostrazione di un tratto strardinario, geometrico ma
al tempo stesso privo dei limiti del concreto, al contrario quasi
metafisico, malinconico senza essere lezioso. Stati onirici, visionari
filtrano dalle sue tavole. Barocchi paesaggi high-tech vengono
accostati a panorami essenziali, raffiguranti terre di spoliazione
e di assenze; varie rappresentazioni dell’idea del vuoto; giochi
di simmetrie, lucidità e allusioni, territori dell’ombra
e della fantasia assoluta. Questo è L’Incal. E molto di
più.
Moebius e il cinema
“Chiunque può fare
un film, ma non tutti possono fare un fumetto” disse una
volta Moebius. Non potrebbe esserci una frase più adeguata
a introdurre l’argomento: quello tra l’artista francese
a il grande schermo, infatti, è stato un rapporto travagliato,
ricco più di fallimenti e di problemi che di successi,
al punto che questo paragrafo potrebbe intitolarsi “Moebius
e la sfortuna”, ovvero “Il cinema e le occasioni perdute
di Moebius”.
Come già accennato, la prima
opportunità che Moebius ebbe di lavorare nel cinema fu
quando aderì al progetto del regista cileno Alexandro Jodorowski,
progetto che prevedeva un adattamento cinematografico di Dune.
Fu il primo di una lunga serie di insuccessi: i finanziamenti
del progetto terminarono quando l’artista aveva già finito
di definire i set e i costumi personaggi. Una vera sfortuna. Del
lavoro di Moebius sopravvisse solo il disegno delle “tute
da sabbia”, ripreso da David Linch per il suo successivo
discusso kolossal.
Il progetto successivo di Moebius,
Starwatcher, doveva essere il primo
film di animazione
prodotto in computer graphic 3D. Ma il produttore morì
in un incidente stradale, e di li a breve si scoprì come
la Compagnia di produzione avesse debiti per 85 milioni di franchi
e fosse prossima alla bancarotta (si sospettò anche che
l’incidente stradale del produttore non fosse stata una fatalità).
In seguito, come già detto,
Moebius collaborò con la Walt Disney
per Tron,
con James Cameron per The Abyss e
con Howard
per Willow. La collaborazione con Hollywood, però
non si concretizzò mai in un film interamente suo.
Nel 1990 la Soyuzmultfilm, uno studio
di animazione russo, annunciò che stava portando sullo
schermo Le Garage Hermetique. Ma quando l’Unione Sovietica
si dissolse, il progetto seguì la stessa sorte. Altrettanto
avvenne all’iniziativa analoga del famoso regista giapponese Kurosawa
(nei suoi piani, Le Garage Hermetique avrebbe dovuto essere
realizzato dallo stesso team di Akira).
Tutto andò
a monte: quasi una maledizione…
Toccò a Luc Besson
sfatare la cattiva sorte, affidando a Moebius una parte importante
nella realizzazione del suo Il quinto Elemento. Il kolossal
fantascientifico del regista di Leon deve molto alla mano
del disegnatore francese, e lo rivela nei paesaggi urbani, nei
costumi dai personaggi, nelle scenografie, e soprattutto nella
trama, un’evidente omaggio a L’Incal.
Attualmente Moebius sta lavorando
con Ridley Scott alla realizzazione di un film di animazione girato
in computer graphic, di cui l’artista francese cura anche la
sceneggiatura.
Le visioni di Moebius sono approdate
anche sui lidi del gioco elettronico. La Avatar
Patners,
la compagnia californiana che produce vrTrader, sta progettando
di sviluppare una famiglia di giochi in realtà virtuale
basati su l’universo di Le Garage Hermetique. Il progetto
include home-games (per Sega, 3DO, IBM e Nintendo) e MUDs.
A proposito della computer graphic,
è interessante ascoltare l’opinione dallo stesso Moebius.
– Ho cominciato a sperimentare la
grafica al computer – dice l’artista – sull’Amiga di mio figlio.
Mi sembra che il processo di disegnare al computer sia una forma
di pura espressione grafica. Personalmente ne sono affascinato
per l’apparente collegamento con l’inconscio. Noto che, dopo un
po’, si comincia a usare lo strumento grafico come se si fosse
sonnambuli. Si viaggia quasi inconsciamente attraverso un’infinita
e incredibile varietà di forme, di colori, per ore e ore.
I computer rendono l’espressione artistica e l’espressione
dell’inconscio
una sola cosa. Un vero artista non viene confuso da queste infinite
possibilità, perché egli impara a riconoscere, a
sentire il momento in cui la sua opera sta per emergere.
Per quanto sia affascinato dalla
computer graphic, Giraud non ha però nessuna intenzione
di gettare i suoi pennelli e il cartoncino Bristol. – C’è
ancora del piacere nel mettere una penna sulla carta – dice.
Non possiamo che esserne felici.