Descrizione
BERNARDO BOSI
Catalogo della magnifica mostra che la cittadina marchigiana di Jesi dedicò nel 2002 al suo illustre concittadino artista
mostra a cura di Loretta Mozzoni, Gloriano Paoletti, Attilio Coltorti, Luigi Pennacchietti, Francesco Scarabicchi e Amleto Bosi
testi di Loretta Mozzoni, Gloriano Paoletti, Attilio Coltorti, Luigi Pennacchietti, Francesco Scarabicchi
in appendice biografia, bibliografia, recensioni critiche, scritti dell’ artista
VOLUME CARTONATO, 80 PAGINE + COPERTINA, A COLORI, FORMATO cm. 23,5×33,7
IN CONDIZIONI OTTIME
La Città di Jesi ha reso omaggio ad un artista, Bernardo Bosi, che per circa quarant’anni ha segnato con la sua presenza e la sua ricerca artistica la vita culturale di quella comunità urbana con riscontri ed echi anche sul piano nazionale e internazionale. Bosi è uno di quegli autori che arriva alla pittura per vie traverse e non codificate da titoli accademici. Nato nel 1916, entra in seminario ma abbandona ben presto gli studi per fare diversi lavori (muratore, carpentiere, mandriano); negli anni Trenta e Quaranta apprende il mestiere di decoratore e dipintore di ambienti, lasciando i suoi lavori in diverse case jesine. La seconda guerra mondiale interrompe questa attività e quando finalmente Bosi può fare ritorno nella sua città natale e riprende la sua attività di decoratore di ambienti e di cartellonista pubblicitario, un nuovo settore di lavoro che si sta sviluppando sotto la spinta della incombente società di massa e della comunicazione. Tuttavia l’uomo sente un’innata spinta verso l’espressione artistica ed intorno al 1949 comincia a dedicarsi alla pittura da cavalletto ed inizia una fase che Bosi stesso definisce di pittura tonale fatta soprattutto di paesaggi e nature morte, una stagione vissuta sotto il segno di Cezanne, per passare poi attraverso l’influsso di Braque ed approdare infine ad un realismo espressionista, fortemente impregnato di valori umani, dai colori forti, dalle linee spesso drammatiche che richiamano la forte personalità di Rouault, il maggiore esponente del realismo espressionista francese che dà a tutta la sua opere una forte connotazione umana e cristiana.
L’irrompere sulla scena artistica dell’informale e della pittura materica segna in qualche modo la pittura di Bosi continuamente sospinto dal proprio temperamento inquieto a cerare nuove strade espressive ( L’arte cos’è se non il risultato di un tormentato lavoro di ricerca: Volente o no, ciò che si trova si è anche cercato ). Bosi tuttavia non se la sente di abbandonare del tutto il suo mondo fatto di un’umanità legata al quotidiano, intessuto di emozioni che trovano una loro sintesi anche nella figura umana ( L’arte è anche emozione vissuta del momento in atto proiettato in avanti, in quanto partecipe all’azione della storia dell’uomo che avanza ) e negli anni Settanta vive una dei momenti più felici della sua attività artistica.
La svolta è determinata dall’opera Violenza. Bambini dietro le sbarre, dove confluiscono una nuova dimensione cromatica, l’impegno sociale e politico di sempre e una diversa sensibilità pittorico – poetica. Quel tanto di materico, drammatico e sofferto c’era nella pittura di Bosi si trasforma in una visione meno violenta ma più delicata e poetica, che punta attraverso la raffinatezza del segno alla ricerca di nuove dimensioni spaziali, di nuove concezioni figurative assolutamente essenziali. L’aspetto più interessante di questa fase è rappresentato dall’uso del colore che diventa non solo un elemento formale, ma struttura fondante di un mondo pittorico attraverso l’uso del grigio nelle sue varie gradazioni, dei vari toni dell’azzurro e del verde, nell’impiego del bianco – argento fino ad arrivare al bianco assoluto con qualche citazione dell’onirismo di Chagal (Figure nello spazio, Notte bianca, Figure con bambino, Embrione, Figura nello spazio, Maternità , Il musicista), per raggiunge il massimo di essenzialità rappresentativa e della delicatezza poetica nella serie Linee itineranti, ricerca sul bianco (1976).
Alla fine degli Settanta e negli anni Ottanta fino alla sua scomparsa, Bernando Bosi riprende la ricerca sul rapporto colore – realtà maturando una sintesi tra la forza del realismo espressivo e l’eleganza delle linee itineranti nel bianco . Il pittore riallaccia il suo colloquio con l’umanità e la realtà , per cui le immagini riprendono corpo in un nuovo esaltante ritmo di movimenti e di colori . Le forme ritornano a solidificarsi attraverso ampi e corposi piani di colore (Annunciazione leonardesca, Paesaggio, Maternità , Don Sturzo, Entrata di Gesù a Gerusalemme) senza tuttavia dimenticare la lezione acquisita dei bianchi, come appare evidente nella serie dedicata al mondo dello sport.
Questa ultima fase del suo percorso artistico arriva a toccare il vertice nel ciclo di dipinti dedicati a Chopin, il compositore più amato da Bosi che esprime in questa opera complessa e articolata un momento felice della sua ispirazione: l’impiego del colore, che va dalle variazioni espressionistiche dei rossi, degli azzurri, dei verdi, dei viola alle delicate intersezioni degli azzurri e dei grigi, si presenta come un vero e proprio spartito cromatico che entra perfettamente in simbiosi con la piena libertà delle forme, in un gioco della fantasia che intreccia su piani diversi mani e tastiere, volti e lettering, corpi di danzatori e vortici di note. L’autore arriva in tal modo ad esprimere un mondo che finisce per coinvolgere emotivamente l’osservatore come se una cascata di note sia sul punto di precipitare fuori dal quadro per trascinarci dentro il magico e vibrante mondo della musica. Sul punto di dare il suo addio alla vita, Bosi riesce a trarre dall’incontro del suo mondo cromatico e compositivo con il mondo sentimentale e onirico del più romantico tra i musicisti dell’Ottocento quello, che a nostro avviso, rimane il capolavoro conclusivo di una lunga e tormentata ricerca di artista. Tutto questo si avverte anche dalle parole con le quali lo stesso Bosi ha commentato questo suo ciclo pittorico: Dalle linee convergenti in spazi e immagini, Chopin appare sublimato nella poesia della musica come luminescente astro galattico fuori dal tempo e contemporaneo sempre. Un arco di luce nella coscienza pulita di chi profondamente ama, dediche generose a chiunque gli impresta il cuore, a chiunque lo sorregge accarezzandone il volto malato ma forte. Coraggioso gigante nella musica , con essa graffia l’invidia, esalta l’amore, illumina la vita nel suo mistero la sua musica è la per condanna di violenza, per alimento d’amore nella poesia più alta dell’arte. Con i colori muti di parola tento aggiungere una emozione in più alla armonia dei rapporti, alla melodia dei suoni. Un atto d’amore a Chopin .
(Alberto Pellegrino)